La suprema Corte di Cassazione, con un’articolata sentenza, ha riconosciuto un’ampia tutela alle aziende. In particolare, secondo il collegio giudicante, il licenziamento del dipendente è legittimo se egli effettua delle soste che eccedono i tempi previsti dall’art. 8 del D. Lgs. n. 66 del 2003. La pronuncia ha riguardato il caso di un lavoratore addetto al ritiro porta a porta di rifiuti urbani, che effettuava frequenti e prolungate soste in diversi esercizi pubblici durante l’orario di lavoro. In queste occasioni, il lavoratore si tratteneva nei bar per periodi che eccedevano le pause previste, compromettendo il regolare svolgimento del servizio pubblico della raccolta dei rifiuti.
Il caso specifico è stato seguito dall’Agenzia Investigativa dell’Avv. Fabrizio Melis, che ha svolto tutta l’attività d’indagine. Il datore di lavoro ha potuto utilizzare il fascicolo investigativo per promuovere il legittimo licenziamento nei confronti del dipendente che eccedeva con le pause.
Con la presente pronuncia, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo il quale il datore di lavoro è legittimato ad esercitare un controllo sui lavoratori, anche tramite agenzia investigativa. Tale controllo si considera legittimo a condizione che abbia ad oggetto comportamenti del lavoratore che possano integrare atti illeciti o attività fraudolente. Per contro, non può essere diretto a verificare l’adempimento o inadempimento dell’attività lavorativa.
Il datore di lavoro può deferire tale controllo all’investigatore privato qualora vi sia anche soltanto un sospetto circa la commissione di illeciti.
Nel caso in esame, il controllo svolto dall’agenzia investigativa era diretto ad accertare gli illeciti compiuti dal lavoratore. Illeciti non riconducibili ad un mero inadempimento dell’obbligazione contrattuale ma tali da integrare un raggiro del datore di lavoro, ledere il patrimonio aziendale e l’immagine e la reputazione dell’azienda.
Con la sentenza esaminata la Suprema Corte ha rafforzato ulteriori principi.
Come noto, l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sull’attività dei lavoratori è diretto a tutelare, in primo luogo, il “patrimonio aziendale”. Ebbene, i Giudici hanno precisato che quest’ultimo deve essere inteso in un’accezione ampia. Non soltanto quindi come elemento materiale costituito dal complesso dei beni aziendali ma anche dall’immagine e dalla reputazione dell’azienda all’esterno. Infatti, nel caso di specie, il lavoratore si tratteneva in numerose occasioni, durante l’orario di lavoro, in diversi esercizi pubblici anche per lungo tempo. Tali condotte ledevano non solo il patrimonio aziendale ma anche la reputazione dell’azienda, alla luce dell’immagine assunta da quest’ultima nei confronti del committente.
Con la stessa sentenza, inoltre, è stato ribadito un orientamento consolidato. Affinché il datore di lavoro possa licenziare il lavoratore, non è necessario pubblicizzare preventivamente il codice disciplinare mediante affissione qualora vi sia una violazione del c.d. minimo etico. Ovvero, non è necessario prevedere anticipatamente le ipotesi che potrebbero integrare il licenziamento quando si tratta di comportamenti talmente gravi da consentire al lavoratore di percepirne l’illiceità e l’idoneità a pregiudicare il rapporto di lavoro esistente.
Ai fini della pronuncia è stata decisiva la raccolta degli elementi raccolti dall’agenzia investigativa. L’analisi dei sistemi di controllo a distanza, installati sui mezzi di raccolta dei rifiuti guidati dal dipendente, la deposizione di diversi testimoni ed infine l’acquisizione di una relazione investigativa conclusiva hanno costituito il quadro probatorio definitivo a fondamento della responsabilità del lavoratore. La Suprema Corte di Cassazione ha sancito definitivamente come sia legittimo il licenziamento del dipendente che eccedeva con le pause durante il servizio.
La Cassazione dichiara legittimo il licenziamento del dipendente che eccede con le pause
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